DOMANDA
DMT2 E FAME COSTANTE: COSA POSSO FARE?
"Buongiorno, soffro di diabete di tipo 2, o un peso corporeo di Kg 112 e sono alta 1,68; ho 60 anni, Vi scrivo perché ho sempre una sensazione di costante fame, anche dopo aver fatto un lauto pranzo. Due anni fa, sono riuscita a fare la dieta, perdendo 25 kg. Tutti ripresi, con gli interessi. Sono disperata ed ho perso la mia autostima penso che forse sarebbe meglio morire."
RISPOSTA:
SPECIALISTA: Dott.ssa Simona Novi SEZIONE: Psicologo Psicoterapeuta
DATA: 31 Marzo 2016
Gentile utente, "… Cammino per strada, vedo un bel vestito, vorrei comprarlo per la festa di stasera. Ma a cosa serve, io sono orrenda, non troverò mai un uomo, resterò sempre sola. Mamma dice che sono una fallita, ha ragione.. Cosa avranno mai quei ragazzi da ridere … e la commessa, perché mi ha lanciato quello sguardo di sdegno? E’ tutto inutile, ho deciso, non vado alla festa, resto a casa con mamma.
Mi guardo allo specchio, ma sono davvero io quel lottatore di sumo, che vedo riflesso?
Che bello sarebbe se domani potessi svegliarmi nel corpo di un’altra, vorrei che un’altra vivesse nel mio corpo. La dottoressa mi dice che non voglio svincolarmi da mia madre, ma lei non capisce, mia madre ha ragione! Che mi importa di resistere, io voglio mangiare, io sono solo un’obesa."

NO, NON E' UN ERRORE, non si allarmi, sono le parole che una mia paziente, col suo stesso problema, ha deciso di condividere su una rivista, per fare in modo che chiunque la leggesse, avendo il suo stesso problema, potesse sentirsi meno solo. Che emozioni prova leggendo queste parole? Cosa direbbe a questa ragazza ?
Perché vede, ciò che può risultarle utile, è interrogarsi su una eventuale connessione, nella sua storia, tra questi due elementi che ha menzionato:
- SENSAZIONE COSTANTE DI FAME
- BASSA AUTOSTIMA.

IL CIBO PUO' AVERE DEI SIGNIFICATI DIVERSI PER CIASCUNO DI NOI
E' probabile, che col passare degli anni, si sia potuta radicare dentro di Lei, la percezione che i chili di troppo, le fossero utili per sentirsi protetta? E se si, da che cosa?
Come sono le sue relazioni con gli altri? Ricorda l’ultima volta in cui le è capitato di sentirsi importante?
E, ancora, quando ha perso quei 25 chili, cosa c’era di diverso nella sua vita,” fuori “e “dentro” di Lei, che ora manca, o che, non basta più?
E’ probabile, secondo Lei, che il cibo, le serva da “contenitore“ per l’angoscia e l’insicurezza che prova?
Le faccio queste domande, perché, da un punto di vista psicologico è nota l’associazione tra obesità e disturbi dell’umore (disturbi depressivi, disturbi bipolari), disturbi dello spettro ansioso (ansia generalizzata, panico, fobia sociale) e disturbi dell’alimentazione come BED o disturbo dell’alimentazione incontrollata e NES ovvero Night Eating Syndrome.

A mio parere, nel suo caso, sarebbe importante, al fine di implementare un piano terapeutico adeguato, esaminare il suo stile di vita, e considerare il “peso” che le caratteristiche della sua personalità, abbiano potuto avere, nel condizionarla in maniera dis-adattiva, rispetto a sé stessa e al suo contesto di vita.
Da non trascurare, l’ipotesi di un intervento di psicoterapia, avendo cura di non dimenticare, come l’approccio psicoterapeutico, non sia adatto a tutte le tipologie di pazienti, perché non tutti sono in grado di accedervi ottenendo gli stessi vantaggi. Sarà lo psicologo-psicoterapeuta, al quale si rivolgerà, ad individuare l’approccio più adatto alle sue caratteristiche: individuale, di gruppo, familiare, cognitivo- comportamentale. Dalla mia esperienza, particolare rilevanza stanno assumendo, negli ultimi anni, le esperienze di gruppi di auto-aiuto.
Il primo passo, però, sarà quello di aiutarla, a connettere, la sua dipendenza dal cibo e la dimensione psicologica sottesa (bassa autostima, idee di svalutazione).

Se le va, mi aggiorni.
Dott.ssa Novi Simona