Gentile utente, come risposto al quesito cui Lei fa riferimento e in una precedente occasione sullo stesso tema, il diabete mellito di tipo 2 come altre patologie è una malattia cronica con un suo percorso fisiopatologico che ne prevede l’insorgenza ed una successiva storia naturale (ovvero un decorso), molto variabile tra individui diversi, ma tuttavia non suscettibile di guarigione, se con tale concetto si conviene nel significato di scomparsa della patologia, cioè di ripristino delle condizioni fisiologiche antecedenti alla sua diagnosi (le condizioni cioè di chi non ha mai ricevuto diagnosi di malattia). Concetto differente e naturalmente più importante per quanto appena detto, e che rappresenta l’obiettivo concreto ed ideale della cura e dell’alleanza terapeutica medico-paziente in tale contesto clinico, è il raggiungimento del migliore compenso glicemico, che in alcuni e nei migliori dei casi può esitare nella remissione clinica della patologia, in cui si assiste alla normalizzazione dei parametri che ne misurano e valutano l’andamento nel tempo: nel caso del diabete corrisponde a un valore di emoglobina glicata inferiore a 48 mmol/mol mantenuto nel tempo. Questo risultato, che è l’obiettivo terapeutico ideale, rappresenta la condizione più favorevole per abbattere/azzerare le possibili complicanze croniche della patologia con evidenti ricadute su aspettativa e qualità di vita.
In altre parole, un soggetto con pregressa diagnosi di diabete di tipo 2, da alcuni anni in eccellente compenso glicemico come nel Suo caso è un individuo non malato se si intende affetto dai segni o sintomi acuti o cronici della patologia, ma in ogni caso affetto dalla malattia, per la quale è infatti in terapia attualmente non farmacologica, ma in terapia (corretta alimentazione ed attività fisica, una terapia che come ha potuto verificare personalmente risulta estremamente efficace e non solo sul controllo della glicemia) senza la quale presumibilmente si assisterebbe a un peggioramento del controllo glicemico.
Cordiali saluti.
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